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“Cercasi uomini per viaggio rischioso. Paga bassa, freddo glaciale, lunghe ore di completa oscurità. Incolumità e ritorno incerti”

Fu questo l’annuncio che uscì il 1° gennaio 1914 sul quotidiano londinese Times. A pubblicarlo è stato Sir Ernest Shackleton che sta reclutando la propria squadra per la spedizione a piedi in Antartide.

L’annuncio sembra voler scoraggiare qualsiasi iniziativa e non parla di alcuna ricompensa monetaria o di altro tipo. Eppure a rispondere furono in 5.000, tra i quali ne furono scelti solo 27. I restanti 4.973 rimasero a casa al caldo, in molti con la propria famiglia, mentre i prescelti stavano per intraprendere un viaggio che sarebbe stato tutt’altro che semplice.

Questa impresa ai limiti delle possibilità umane, senza alcun ritorno in termini di soldi o gloria, ci aiuta a mettere in discussione diverse convinzioni comuni sulla motivazione e farne nostre altre, molto più utili, per rimanere effettivamente motivati.

Le convinzioni da abbandonare per aumentare la tua motivazione

La motivazione è legata al compenso economico.

Ormai è stato scoperto che, anche in ambito aziendale, le persone possono essere motivate dalla leva economica fino a un certo punto. Se si vogliono, nel proprio business, elementi che davvero siano in grado di dare il massimo, è necessario lavorare su altri livelli: fondamentale risulta, fra l’altro, la condivisione dei valori e degli obiettivi dell’organizzazione.

La motivazione non è per tutti.

Qualcuno pensa che la motivazione sia insita nel DNA: qualcuno nasce fortunato e motivato, altri no. Le cose sono un po’ diverse.

Nasciamo con un livello di motivazione sufficiente a farci superare tutte le piccole grandi sfide per crescere. Non esistono bambini che nel primo anno di vita siano spenti o demotivati: da piccoli siamo determinatissimi a comunicare il nostro desiderio di cibo, ad arrampicarci sul divano, a imparare a camminare.
Crescendo qualcuno inizia a leggere le esperienze della propria vita come inviti a farsi da parte e a smettere di provarci. Qualcuno va avanti a inseguire i propri sogni con la stessa fame di quando da neonato svegliava di notte tutto il condominio. La differenza più significativa non sta nel DNA dell’uno o dell’altro. Molto spesso quello che è diverso è il modo in cui viene percepito il fallimento: come segnale di stop nel primo caso, come sfida da vincere nel secondo.

Motivàti dal motivatore.

Spesso il ruolo del coach viene associato a quello di motivatore: una sorta di cheerleader che nei momenti di down continua a ripeterti di andare avanti perché “puoi farcela”.

Il coach non motiva nessuno, non per mancanza di buone intenzioni, ma perché nessuno è in grado di motivare qualcun altro. Soprattutto per le imprese importanti, siamo noi gli unici a poterci motivare verso un certo obiettivo. I modi per farlo sono moltissimi ma tutti passano da una condizione fondamentale: la consapevolezza che l’unica vera motivazione è quella intrinseca (che viene da dentro di noi).

Questo non significa che il sostegno di altri non faccia piacere, anzi. È il perfetto coronamento per un sistema che già funziona bene anche da solo.

Insomma, che cosa avrà motivato 5.000 uomini verso un viaggio così tanto pieno di disagio?

Ognuna di quelle persone avrà avuto le proprie ragioni per mollare tutto e partire. L’unica cosa certa è che l’energia necessaria per andare avanti l’hanno trovata principalmente dentro di sé e non hanno mai creduto che altri dovessero dare loro la forza per procedere.

La motivazione più potente è quella legata al puro piacere di riuscire, a quel momento in cui, appena raggiunto il traguardo, ti volti indietro e ti dici: “Ce l’ho fatta!”.

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