come_essere_felici

Molto spesso capita di confondere il piacere con la felicità. In fondo a livello neurologico le sostanze rilasciate dal cervello sono molto simili: si tratta delle endorfine e di altri ormoni che fanno sorridere il nostro corpo e la nostra mente.

Eppure la differenza tra questi due aspetti è fondamentale e ci permette di scegliere come essere felici per sempre.

Perché è importante?

Se non sono pienamente felici, le persone rischiano di colmare questo vuoto con piaceri immediati come cibo, fumo, alcol o droga che forniscono un accesso semplice e veloce alla gratificazione. Lo sforzo è limitato ma gli effetti durano molto poco e spesso lasciano in uno stato di forte insoddisfazione.

Lucia Giovannini, trainer in Programmazione Neurolinguistica e Neurosemantica, paragona questa condizione a quella di un bambino che piange perché ha fame. “Ciò di cui ha bisogno è il latte, ma quando trova un succhiotto si calma. Per un po’ funziona poi invariabilmente si stanca anche del nuovo oggetto che non può certo saziare la sua fame” (Lucia Giovannini, Tutta un’altra vita, Sperling e Kupfer Editori).

Non c’è assolutamente niente di male nel gratificarsi con piaceri immediati. Il problema si presenta nel momento in cui questi diventano le uniche ancore di salvezza in un flusso di situazioni (famiglia, lavoro, compagnia, impegni) che ci lasciano insoddisfatti.
L’idea è quella di essere felici (possibilmente anche senza nessuna ragione particolare, come consiglia uno dei fondatori della PNL, Richard Bandler) e di celebrarci con ciò che ci rende ancora più appagati.

Inoltre, a livello neurologico il cervello risponde con elevata intensità ai nuovi stimoli ma dopo un tot di ripetizioni questa intensità diminuisce. In questo lasso di tempo detto periodo refrattario il nostro cervello non risponde agli stimoli comunicando piacere. Per fare un esempio, dopo diversi dadi di cioccolata iniziamo a non provare più lo stesso appagamento che avevamo provato quando abbiamo iniziato a mangiarla.
Questa dinamica può portare a continua irrequietezza nel cercare stimoli nuovi e differenti che possano di nuovo risvegliare il nostro senso di soddisfazione.

Se il piacere può essere paragonato a un flash fugace ed estemporaneo, la felicità è più uno stile di vita.

Come si diventa felici?

Per qualcuno la felicità è una leggenda di cui molti parlano senza averla mai incontrata, ma che succederebbe se esistesse davvero e diventasse l’ingrediente immancabile della nostra vita?

Per favorire questo passaggio di prospettiva è necessario distaccarsi dall’idea generalizzata di felicità: essa non ha niente a che vedere con una condizione di eterna beatitudine o con la completa assenza di problemi.

Felicità è fare della propria vita ciò che si desidera.

Questa è una convinzione molto più funzionale sulla felicità ed è qui che risiede lo snodo fondamentale per raggiungerla.
Per sapere cosa si vuole fare della propria vita è necessario avere dei momenti di vuoto, periodi di tempo che non cerchiamo affannosamente di riempire con doveri o piaceri, in cui possiamo riconnetterci con i nostri desideri e talenti più profondi.

Finché ci facciamo le domande giuste le risposte non tarderanno ad arrivare

I momenti di vuoto servono a guardare negli occhi le preoccupazioni, la frustrazione, l’insoddisfazione che sono la spinta alla base di ogni cambiamento, che possono dirci molto su ciò che ancora non va e su come possiamo migliorare le cose.

Finché continuiamo a perseguire solo il piacere vagheremo da una boa all’altra senza nessuna direzione. Al contrario trovare la meta, il significato più alto da dare alla propria vita, permette di percorrere lunghe tratte anche senza incontrare nessuna boa lungo il viaggio.

Questo percorso porta con sé la possibilità di farsi domande un po’ scomode (o meglio generative) ma la rivoluzione che si metterà in moto sarà davvero molto preziosa.

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